Papà Silvano
Papà Silvano è un giovane uomo forte, laborioso e pieno di entusiasmo. Egli ama i suoi due bambini più della sua stessa vita e per il loro bene farebbe qualsiasi cosa. Fino a qualche tempo fa egli lavorava in un cantiere come muratore. Papà Silvano era molto stimato e apprezzato perché in tutto quello che faceva ci metteva responsabilità, competenza, cura e soprattutto il cuore. Con la crisi edilizia, però, papà Silvano viene licenziato e da un giorno all’altro si ritrova senza lavoro. All’inizio il giovane non si abbatte e non si dispera, perché è sicuro di trovare presto un’ altra occupazione. Ma dopo averla cercata in lungo ed in largo inutilmente egli capisce che trovarla di questi tempi è un’impresa ardua. La delusione è grande. Si chiede con preoccupazione come farà a mantenere la sua famiglia. Un giorno sente un minatore che dice ad un suo amico che il proprietario della miniera, nella quale lavora, cerca altro personale dato che alcuni minatori sono andati in pensione. Ad un tratto l’uomo guarda papà Silvano e l’apostrofa così: – Giovane, hai un lavoro?
Papà Silvano gli risponde dicendogli che è disoccupato ormai da tanti mesi e non sa proprio come andare avanti perché i suoi pochi risparmi sono finiti.
- Allora vieni a lavorare con me in miniera, cosa aspetti? Lo sollecita l’uomo.
- Veramente ho sentito dire che il lavoro del minatore è difficile, duro e pericoloso. Inoltre ci si può ammalare facilmente. Eh … poi io soffro di claustrofobia e non posso lavorare in ambienti angusti e sotterranei.
- Pensaci su, ma non troppo, altrimenti perdi questa opportunità dato che i posti liberi sono pochissimi. Sostiene il minatore.
Per molti giorni papà Silvano pensa e ripensa e anche se con molte riserve decide infine di andare in miniera a lavorare dato che non ci sono all’orizzonte altre possibilità. I primi giorni egli lavora in superficie e sistema i carrelli pieni di minerali. Dopo qualche tempo scende giù in miniera con l’ascensore, portando sul capo un casco con su una lucina e ai piedi degli scarponi.
Che paura e quante emozioni prova il nostro papà! Egli, come tutti nella sua squadra, per illuminare le buie gallerie e rendere sicuro il suo passo accende la lampada elettrica che gli ha fornito il caposquadra. Papà Silvano per ore ed ore di notte e di giorno deve abbattere e perforare la roccia per raggiungere il filone del minerale racchiuso in essa. Egli deve costruire e puntellare le nuove gallerie sotterranee man mano che si avanza e poi trasportare all’esterno il materiale estratto. Quando ritorna a casa si sente stressato e stremato. Non ha né voglia né forze per giocare o parlare con i suoi piccoli. I figlioletti lo guardano preoccupati e si chiedono dove sia andato a finire quel papà sempre disponibile ed allegro di prima. Non lo riconoscono più. Papà Silvano li invita a non fare rumore e di stare in silenzio quando lui è in casa perché gli fa male la testa dopo aver ascoltato quel rumore assordante delle perforatrici per ore ed ore.
A poco a poco e con molta fatica papà Silvano si abitua a quel duro lavoro. Una notte apparentemente come le altre papà Silvano ed i suoi compagni scendono nella miniera e mentre sono intenti a lavorare sentono un boato. Una galleria vicina è franata e la frana ha raggiunto e chiuso l’imbocco della galleria nella quale si trovano lui ed i suoi compagni. I minatori rimangono intrappolati lì dentro. Impietriti dalla paura, essi non riescono nemmeno a spiccicare parola e a ragionare. Alcuni minatori presi dal panico piangono, altri urlano per farsi sentire all’esterno. Solo papà Silvano mostra sangue freddo ed incita i compagni a stare calmi, altrimenti si consuma più in fretta l’aria che è rimasta nel luogo dove si trovano. I compagni chiedono a papà Silvano con voce concitata: – Cosa facciamo adesso? Se nessuno verrà a salvarci moriremo come topi.
La prima cosa dice papà Silvano dobbiamo essere ottimisti e cercare insieme una soluzione. Ascoltando quelle parole i minatori si tranquillizzano un po’ e si affidano ciecamente al giovane. Papà Silvano dice ai compagni di battere alle pareti della galleria per farsi sentire all’esterno con il manico del piccone, ma non sentono nessun rumore che faccia loro sperare in un tempestivo soccorso. Allora i minatori si accasciano a terra sconsolati.
Ad un tratto papà Silvano esclama: – Siamo salvi!!!!
I compagni di fronte a quella affermazione pensano che il loro compagno sia uscito di senno. La scarsa quantità di ossigeno ha offuscato sicuramente il suo cervello. Papà Silvano assicura loro che non è impazzito, ma è lucido e ha memoria dell’esistenza di un’altra galleria intercomunicante con quella dove si trovano rinchiusi.
- Questo che significa? gli chiedono in coro i compagni.
Significa che scavando e aprendo un varco possiamo andare nell’altra galleria laterale dove c’è aria sufficiente e risalire in superficie per altra via.
I compagni rincuorati prendono le mazze per fare un buco nella parete della galleria, ma papà Silvano li ferma dicendo loro che non bisogna agire alla cieca, ma trovare il punto esatto corrispondente all’altra galleria. Egli incomincia a dare dei colpetti alle pareti e quando sente un rumore rimbombante capisce che è lì che bisogna intervenire. Papà Silvano consiglia ai compagni di scavare in quel punto non con le mazze o i picconi, ma con le mani per evitare crolli. Dopo tanti sforzi essi riescono a raggiungere l’altra galleria, ma annusando sentono nell’aria la presenza inconfondibile di un gas velenoso. Bisogna uscire al più presto da lì per non morire soffocati. Tutti i minatori si demoralizzano, ma papà Silvano ancora una volta li rincuora e li sprona a non arrendersi. Alzando gli occhi in alto egli vede un fascio di luce che entra da una fessura e capisce che quella è una via di salvezza per raggiungere l’esterno. I minatori si mettono uno sull’altro per permettere a papà Silvano che è il più giovane e il più agile di raggiungere quella apertura. Una volta raggiunto l’esterno con una corda egli fa uscire fuori ad uno ad uno tutti i compagni. Quando essi si trovano all’aria aperta e vedono la luce del sole scoppiano in un pianto liberatorio. Intanto dalla parte opposta vedono in lontananza i soccorsi e una moltitudine di gente. Sicuramente sono i loro familiari ed i compaesani che saputo l’accaduto sono accorsi lì per dare loro non solo un aiuto, ma soprattutto un sostegno morale. I minatori si sbracciano e urlando con tutto il fiato rimasto loro in corpo cercano di attirare la loro attenzione. Quando li vedono tutti corrono nella loro direzione e sono felicissimi rendendosi conto che sono sani e salvi. I minatori prima di ritornare a casa con i loro cari ringraziano papà Silvano perché se non hanno perso la testa e si sono salvati lo devono proprio a lui che ha mantenuto la calma ed è stato fantastico a trovare una via d’uscita. Sua moglie ed i suoi bambini corrono ad abbracciarlo e sentendo quelle parole sono fieri di lui che ogni giorno rischia la vita per procacciare il sostentamento alla sua famiglia.