Mog ed il Fuoco
Sul nostro pianeta tanti e tanti e tanti anni fa viveva un ragazzo di nome Mog. Egli non aveva una casa bella, confortevole e piena di comodità come la nostra, al contrario la sua abitazione era una buia, umida ed angusta caverna dove non entrava mai la luce del sole.
Mog era un ragazzo curioso e spesso andava ad esplorare l’ambiente circostante.
Andare in giro da solo, però, non era la cosa più saggia da fare perché c’erano tanti pericoli: mammut, bestie feroci, serpenti velenosissimi e dirupi. I genitori gli avevano sempre raccomandato di non allontanarsi troppo e di stare vicino al loro rifugio, ma egli come tutti i bambini non li ascoltava.
Inoltre, Mog non si alimentava a sufficienza e per questo aveva sempre molta fame. Non appena sentiva un languorino allo stomaco andava con la mamma nella foresta alla ricerca di qualcosa di commestibile: frutta selvatica, radici, semi, bacche e larve. Il papà, invece, cercava di procurare un po’ di carne o dei pesci con la caccia e la pesca, ma non sempre ci riusciva perché non aveva armi o attrezzi adeguati.
Il povero Mog non aveva neppure un lettino comodo e soffice come i bambini di oggi, ma dormiva a terra su un pagliericcio di foglie secche che il vento autunnale aveva strappato agli alberi. La notte aveva tanta paura perché nella sua caverna c’era buio pesto e lì dentro non era possibile vedere nemmeno la punta del proprio naso. Egli desiderava tanto che sorgesse presto l’alba per vedere le tenebre scomparire e accogliere finalmente la luce del giorno. Mog amava tanto il sole e la bella e calda stagione perché poteva sentire un dolce tepore sul suo corpo, correre a perdifiato nella foresta, arrampicarsi sugli alberi come una scimmietta e bagnarsi nelle fresche acque del fiume. Non amava il rigido inverno perché lo faceva tremare come una foglia e rendeva le sue membra intirizzite e gelate. La pelliccia che indossava non era sufficiente a riscaldarlo.
Spesso, quando la temperatura scendeva tanto e la neve copriva ogni cosa, Mog restava nella caverna per giorni e giorni abbracciato alla mamma per sentire un po’ di calore. Quel calore di mamma che riscaldava oltre al corpicino anche il suo piccolo cuore.
Un giorno, mentre era nel folto della foresta, il ragazzo vide scendere dal cielo un individuo possente e dall’aspetto bellissimo. Aveva capelli nerissimi, occhi verdi ed il viso incorniciato da un filo di barbetta. Mog, impaurito davanti a quella visione, scappò e si nascose dentro il tronco di un vecchio albero.
L’uomo lo chiamò ripetutamente: – Mog, non avere paura sono un tuo amico e ti ho portato un dono speciale.
Il ragazzo si fece coraggio, uscì dal suo nascondiglio e vide che quell’uomo stringeva in una mano un rametto d’albero che ardeva. La fiamma era di un colore rosso- vivo e guizzava.
- Che dono è questo? E tu chi sei? gli chiese il ragazzo timidamente.
L’uomo sorrise e gli disse che era Amar, un dio buono, padrone e signore dei quattro elementi naturali: acqua, terra, fuoco e aria. A te ho portato il fuoco per sconfiggere quel freddo rigido che ti fa tanta paura nei mesi invernali. Questo elemento non solo riscalda, ma ha tante altre virtù nascoste e tocca a te scoprirle con la tua intelligenza ed astuzia.
Il dio, dopo avere pronunciato queste parole e salutato il ragazzo, stava per andarsene via, ma Mog lo fermò:
- Aspetta! Mi vuoi dire perché fai questo per me?
- Faccio questo per non vederti più soffrire dal freddo e per migliorare le tue condizioni di vita. Affermò Amar. Una notte il tuo pianto è giunto fino a me e mi ha lacerato il cuore. Allora ho giurato a me stesso di aiutarti a qualsiasi costo. Ed eccomi qui a mantenere quella promessa. Ora tocca a te, piccolo cucciolo d’uomo, fai buon uso di questo dono! E così dicendo gli diede in mano il tizzone acceso e poi scomparve.
Mog rimase sgomento e non sapeva se quello era stato un sogno o era realtà. Ad un tratto sentì un calore che lo ristorò e allora fu certo che aveva visto veramente quel dio.
Egli corse subito alla sua caverna per fare vedere ai suoi cari quel dono e per raccontare loro quanto gli era accaduto. I genitori quando videro da lontano quella fiamma viva ebbero paura e scapparono. Il figlioletto li rassicurò dicendo loro che era un dono di un dio buono ed era prezioso ed utile per la loro vita.
Egli quindi entrò nella caverna e come d’incanto si illuminò a giorno: sembrava che lì dentro ci fosse il sole. Mog pensò che quel dono avesse due qualità: riscaldare ed illuminare. Ora però bisognava trovare un sistema per non fare spegnere quel tizzone ardente.
Egli incitò i genitori ad andare a raccogliere nella foresta degli sterpi e piccoli pezzi di legno prima che si spegnesse. I suoi cari andarono senza indugiare.
All’improvviso dopo avere messo sul tizzone pezzetti di legno si generò una grande fiammata che riscaldò loro e la loro caverna.
Ora sì che si stava veramente bene nel loro rifugio con quel tepore!
Da quel giorno essi a turno vegliavano ed alimentavano il fuoco con pezzetti di legno per non farlo spegnere.
Una notte mentre Mog sorvegliava il fuoco scoprì un’altra qualità di esso: poteva essere usato come arma contro gli animali. Infatti una tigre stava sul punto di entrare nel suo rifugio, ma si fermò e scappò via terrorizzata quando vide quella fiamma.
Mog per giorni e giorni si lambiccò il cervello per trovare un modo per accendere il fuoco nel caso si spegnesse, ma non ci riuscì. Dopo alcuni giorni mentre giocava con delle pietre si accorse che se sfregate tra loro producevano scintille. A questo punto egli ebbe un’illuminazione:
- Ecco ho trovato il sistema di accendere il fuoco! Gridò Mog pieno di felicità ai suoi genitori.
Egli raccolse dell’erba secca e sfregò con forza due pietre tra loro. Davanti ai suoi occhi si compì un vero miracolo: le scintille caddero sull’erba e prese fuoco. Ora non c’era più bisogno di custodirlo.
Una sera mentre egli stava mangiando un pezzo di carne cruda gli cadde sulla brace. Quando riuscì a prenderlo e lo mangiò aveva un buon sapore. A contatto del fuoco era diventato morbido e tenero. Il piccolo Mog aveva fatto una nuova scoperta: il fuoco cuoceva gli alimenti e li rendeva più buoni e digeribili.
Le sue condizioni di vita con quel prezioso amico miglioravano notevolmente e ringraziò sempre il dio Amar che era stato magnanimo con lui, regalandogli quel dono più prezioso dell’oro e dell’argento.
Successivamente, l’uomo utilizzò il fuoco per lavorare i metalli e per altri usi.
Il fuoco fu considerato la prima grande scoperta dell’umanità.