Il Vestito di Arlecchino

On 16 gennaio 2016 by Nonna Tina

arlecchino_immagine

Tanti e tanti anni fa a Bergamo venne alla luce un bambino bello e sano con due occhietti vispi e furbetti. I genitori lo chiamarono Pietrino come il nonno paterno. Fin da subito essi si accorsero dell’indole irrequieta ed esuberante del loro piccino. Piangeva continuamente e non aveva nessuna intenzione di dormire né il giorno né la notte. La mamma ed il papà erano disperati e la notte si davano il cambio per cullare il bimbo con la speranza che si addormentasse un pochino, ma inutilmente. Stava un po’ tranquillo solo quando la mamma gli cantava la ninna nanna o delle canzoni.  Con il passare del tempo la situazione non migliorò, anzi peggiorò perché Pietrino, potendosi muovere liberamente, combinava disastri e guai. La mamma poverina era costretta a portarselo sempre dietro e a non perderlo mai di vista. Ma egli era abile ad eludere la sua vigilanza. Pietrino quando diventò più grande spesso raggiungeva gli amichetti in piazza per giocare con loro, però finiva sempre col litigarci perché era prepotente ed arrogante. Egli combinava anche scherzi pesanti a loro danno.  Un giorno Pietrino tagliò con una forbice tutti i capelli ad un suo amichetto. Il bambino pianse per un giorno intero, vedendosi in quel misero stato. Le mamme degli altri bambini andavano a lamentarsi continuamente dalla sua mamma. Ella lo rimproverava spesso e, a volte, lo metteva in punizione, ma Pietrino non dava nessun segno di ravvedimento.

Quando Pietrino andò a scuola fece disperare tanto la maestra perché era sempre disattento, disturbava gli altri compagni e non aveva nessuna voglia di imparare. Mancava poco a Carnevale e la maestra una mattina manifestò ai suoi alunni l’idea che le era balenata in testa. Ella disse ai bambini:

  • Miei cari, quest’anno vogliamo fare una cosa diversa per festeggiare il Carnevale?

I bimbi in coro: – Sì, sì lo vogliamo! Cosa dobbiamo fare, signora maestra?

  • Ascoltate! Perché non organizziamo una bella festa e ci travestiamo?

I bambini furono talmente entusiasti dell’idea che appena suonò la campanella corsero a casa a raccontare tutto alle loro mamme.

Le mamme si misero subito all’opera per scegliere le stoffe giuste e i modelli dei vestitini da confezionare.

La mamma di Pietrino fu l’unica che si rattristò nel sentire quella notizia perché non aveva ne’ stoffa ne’ quattrini per comperarla.

La donna per alcuni giorni rimase pensosa ed addolorata. Diceva tra sé:

  • Come farò a dire al mio bambino che non potrà partecipare alla festa di Carnevale perché sono impossibilitata a fargli un abitino?

Pensa e ripensa le venne all’improvviso in mente che aveva in un cassetto della sua stanza da letto un vecchio lenzuolo. Ella corse a cercarlo e quando lo trovò lo tagliò. La notte, senza farsi vedere da nessuno, cucì per Pietrino un bel vestitino. Forse un po’ strettino, composto da un corto giubbetto e un pantalone attillato. Lo adornò poi con un gran colletto. La donna prese infine un vecchio cappello nero del nonno e lo adattò al vestitino apportando delle modifiche.

Sperava tanto che piacesse a Pietrino.

 La mattina quando il bambino si svegliò e trovò su una sedia della cucina quel vestitino incominciò a saltare dalla contentezza. Lo indossò ed uscì di casa di volata per farsi ammirare da tutti. La sua felicità però durò poco.

Egli quando arrivò a scuola e vide i vestitini degli altri bimbi, pieni di merletti e trine, fatti di stoffe costose e raffinate si sentì come un povero pulcino. La sua tristezza aumentò ancora di più quando alcuni compagni esclamarono:

  • Ma come ti sei conciato? Sembri un fornaio con quel vestito bianco sbiadito.

Pietrino scappò via piangendo.

Lungo la strada che conduceva a casa incontrò un signore che indossava un camice ed era tutto imbrattato di vernice. L’uomo fermò il bambino e gli chiese:

Piccino perché piangi? Cosa ti è successo?

Pietrino singhiozzando gli raccontò che i suoi compagni si erano presi gioco di lui perché aveva indossato, per la festa di Carnevale, un vestito troppo misero.

L’uomo consolò Pietrino e lo invitò nella sua bottega a fermarsi un po’ con lui. Egli era un pittore e per fargli dimenticare la brutta avventura lo lasciò giocare con i suoi pennelli e i suoi colori.  Ma il monello combinò, com’era sua abitudine, un vero pasticcio. Egli non solo rovesciò a terra i barattoli dei colori, ma si imbrattò tutto il vestitino. Pietrino ebbe tanta paura che il pittore lo punisse per quella birichinata, invece con sollievo constatò che egli non era inquietato per nulla, anzi proruppe in una sonora risata. Il bambino non riuscì a capire il motivo di quella ilarità. Lo comprese più tardi quando si guardò e vide il vestitino impasticciato. Esso da bianco era diventato di tanti colori. Ora faceva la sua figura! Pietrino salutò e ringraziò il pittore e ritornò a scuola, sperando che la festa non fosse terminata. Egli fu fortunato perché la festa era in pieno svolgimento. I presenti restarono a bocca aperta quando lo videro perché il suo vestitino così colorato era veramente bello ed originale. Da quel giorno, per questo vestito variopinto, tutti lo chiamarono Arlecchino e non più Pietrino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *