Ciccio Robot
La famiglia Bianchetti,composta da mamma Lisa, papà Matteo e da tre monelli Carlo, Luca e Giovannino ha un robot, di nome Ciccio. All’apparenza sembra un bambino vero. E’ intelligente, risponde correttamente alle domande che gli vengono poste ed esegue con prontezza i comandi. E’ sempre in movimento, non si stanca mai.
Fin dal mattino traffica in cucina, si mette ai fornelli e prepara delle colazioni megagalattiche con ogni ben di Dio. Prepara biscotti, fette biscottate con burro e marmellate, caffè, spremute di arance,succhi di frutta,latte, uova strapazzate con pancetta. Tutti vanno pazzi per le sue colazioni,spesso chiedono il bis.
Ciccio si può dire che fa parte della famiglia da sempre. E’ stato progettato e costruito dal bisnonno Antonio che era un inventore un po’ bizzarro. Un giorno si è messo in testa di costruire un robot al nipote Matteo,padre dei tre ragazzi, per regalarglielo al suo quinto compleanno. Ha comperato viti,bulloni,fili elettrici,pezzi di ferro e si è messo subito all’opera. Prima ha fatto al robot una testa quadrata,poi ripensandoci l’ha rifatta rotonda per farlo assomigliare di più ad un bambino vero.
Il busto quadrato,le gambe e le braccia rettangolari, lunghe e sottili e i piedi triangolari. Le mani a forma di pinze per afferrare più facilmente gli oggetti. Gli occhi rotondi e vispi,la bocca ampia, aperta al sorriso. Sulla testa due luci luminose ed un cappellino rosso. La nonna di Matteo, brava nell’arte del cucito, ha realizzato per il robot una camicia a righine bianche e blu, una giacchetta rossa e un paio di pantaloni celesti. Da lontano e guardandolo di dietro, sembra proprio un bambino vero, in carne ed ossa.
Appena costruito non era perfetto, perché parlava a strappi e si esprimeva come un bambino piccolo. Conosceva solo poche parole e camminava piano piano. Per spostarsi da una parte all’altra impiegava delle ore. Il nonno ci ha lavorato tanto, spesso di notte, quando tutti dormivano e aveva la calma necessaria per pensare e operare. Ha deciso di chiamarlo Ciccio, come un suo carissimo amico d’infanzia, che era discolo,però simpatico,generoso con un cuore grande quanto una casa. Matteo era figlio unico e quando il nonno gli ha regalato Ciccio, pensando che fosse un semplice giocattolo fu felice di giocare con lui.
Solo più tardi si è accorto che il robot non era un giocattolo qualsiasi,ma qualcosa di più. Era proprio come lui, con un cuore, dei sentimenti, un’intelligenza. Quando lo chiamava correva come un razzo e si metteva a sua completa disposizione. Giocava con lui, lo aiutava ad eseguire i compiti. Era insomma un amico fedele e sincero. Quando la sera Matteo non riusciva a dormire, Ciccio,dopo avergli rimboccato le coperte, gli raccontava delle storie fantastiche che lo lasciavano a bocca aperta. Un giorno il robot smette di parlare e di camminare: si è inceppato il meccanismo. Matteo piange disperatamente, perché non può più parlare e giocare con lui.
Nonno Antonio prende Ciccio, lo porta nel suo laboratorio,giù in cantina, e lo smonta tutto per trovare il guasto. Apre la testa, in cui sono localizzati tutte le valvole e i dispositivi elettrici e nota che un filo è bruciato. Lo sostituisce e subito il robot ritorna come prima.
Appena Matteo vede il suo amico attivo e pimpante, lo bacia e lo stringe a se’ dalla contentezza. Ora ha nuovamente qualcuno con cui giocare, parlare, a cui raccontare tutte le marachelle e le scorribande fatte con gli amici. Ciccio e Matteo, si può dire, crescono insieme. Quando quest’ultimo diventa grande, incontra la donna della sua vita e si sposa, porta con se’ Ciccio nella sua nuova casa. Ciccio diventa, così, l’amico affettuoso e attento dei suoi tre bambini. Da qualche tempo,però, Ciccio non è più lo stesso perché cammina a fatica,non salta e corre come prima e quando parla non si capisce cosa dice. Matteo rivolgendosi ai suoi tre ragazzi :
- Vi siete accorti che Ciccio non è più lo stesso? E’ strano. Ha perso quella vivacità che lo faceva stare sempre in movimento e sembra triste e malinconico.
I ragazzi confermano,infatti rispondono al Papà che, a dire la verità, da un po’ di tempo hanno notato che Ciccio è diverso. Non ricorda più le storie,non risponde alle domande. Le luci, poi, poste sulla sua testa si spengono continuamente e quando si accendono funzionano ad intermittenza. Si è rotto sicuramente qualcosa nel suo meccanismo. Matteo dice ai figli che il loro bisnonno che l’ha costruito non c’è più e quindi lui non sa proprio dove portarlo per farlo aggiustare.
Carlo,il primogenito dice al padre che vicino alla sua scuola ha visto un laboratorio dove vengono riparati oggetti elettrici ed elettronici, si potrebbe portarlo lì. La mattina seguente quando Matteo accompagna Carlo a scuola, porta pure Ciccio e lo fa vedere al tecnico. Questi gli dice di lasciarlo per tre o quattro giorni ,così gli darà un’occhiatina e valuterà se sia possibile aggiustarlo.
I tre ragazzi con il papà si recano dopo quattro giorni al laboratorio e il tecnico dice loro che è molto dispiaciuto,ma il robot non si può aggiustare, perché essendo un modello vecchio non è stato possibile reperire il pezzo consumato dall’uso e quindi sostituirlo con uno nuovo.
- Cosa succederà al nostro robot? Domandano i ragazzi.
- Tirerà così per un altro po’ di tempo e poi si fermerà. Tutti si mettono a piangere.
- Papà come faremo senza Ciccio? Chi giocherà con noi? Chi ci aiuterà a fare i compiti?
- Su, ragazzi, non disperate, ne compreremo uno nuovo. Sul mercato oggi ci sono tanti robot e anche più moderni.
- No, noi non vogliamo un altro robot ,vogliamo il nostro amico Ciccio.
Dopo un mese il robot all’improvviso si blocca, rimane fermo in cucina e non si muove più. Tutte le luci si spengono e non si ode più quella voce metallica. I ragazzi piangono per giorni ,perché hanno perduto il più caro amico, che li ha cresciuti e guidati fino a quel giorno. Papà Matteo vorrebbe portarlo dove raccolgono i ferri vecchi,ma i ragazzi si oppongono e dicono che non vogliono buttare Ciccio, perché lo vogliono tenere sempre con loro, anche se non funziona più. E’ un amico e quando un amico cade in disgrazia non bisogna abbandonarlo, dimenticando tutto quello che ha fatto per noi. I ragazzi lo portano nella loro stanzetta e lo lasciano là e anche se non è efficiente e funzionante come un tempo lo amano lo stesso. Ogni mattina quando escono di casa per andare a scuola lo salutano e quando rincasano gli raccontano tutte le loro avventure e tutto quello che hanno fatto a scuola o con gli amici. Sarà un’ impressione,ma sembra che Ciccio capisca tutto e accenni un sorriso.